La nazione virtuale e le sue prospettive: da Asgardia a Bitnation

In uno dei precedenti articoli avevo parlato di isole e microstati indipendenti, mettendo in luce il fatto di come ancora oggi, benchè ormai irrinunciabili sembrino i privilegi del villaggio globale, ovvero del mondo senza confini, permanga sempre un notevole impulso al desiderio del plasmare qualcosa di intoccabile e di indipendente, al punto che oggi si contano più di 100 sedicenti microstati sparsi in giro per il mondo.

Micronazioni

Se da un lato l’avvento di internet e del mondo telematico parallelo a quello reale ha messo a nostra disposizione una serie lunghissima di vantaggi che prima non immaginavamo neppure, dall’altro ha però fatto esplodere direttamente quella Pangea globalizzata che tutti prospettavano, una specie di ring in cui tutti si sono ritrovati e che difetta di alcuni aspetti importanti per una società, a titolo di esempio quello della giustizia, di cui il web è completamente privo, manifestandosi al contrario come principale espressione di un terreno dove si respira un certo qual clima di anarchia e di impunità.
Ed è forse questo, anzi certamente, che ha contribuito al manifestarsi di  quell’improvviso eccesso di nazionalismo in tutti i paesi del mondo, quella voglia di tornare al proprio recinto e perché no anche ad issare una nuova bandiera su un’isola deserta e dire: “Ecco, io sono diverso”.
Non tutti però possono permettersi di comprare un’isola. Molto più facile è creare uno stato virtuale, uno stato online che non esiste nella realtà, ma solo nel mondo telematico. In realtà non sarebbe coerente, se non fosse perché il dominio e l’hosting che ospiterebbero il sito web del nostro ipotetico stato virtuale si troverebbero in una web farm situata su una nazione sovrana. Ma certamente nessuno può impedirci di rivendicare qualcosa di telematico, non tanto il sito stesso quanto la virtualità del tutto.
Non pensavo che qualcuno fosse realmente riuscito a costruire progetti (concreti) su un web-stato, finché un giorno leggendo il giornale non trovo un titolo abbastanza curioso: è nata una nazione virtuale, si offre cittadinanza ai primi 100.000 che la richiedono.

La bandiera di Asgardia

Mi sembra una buona idea. Senza pensarci troppo vado anch’io a prendere la cittadinanza di Asgardia, questo il nome del nuovo stato. Sono anche io adesso un asgardiano, o un asgardese, o quello che è insomma. Accedendo con il mio account (l’unico modo che mi permette di essere realmente in contatto con Asgardia) navigo un po’ tra le pagine web e vedo che si parla di elezioni e di altre cose originali tra cui un concorso per creare la bandiera e l’inno della nuova nazione.
Sono cose come queste che mi hanno fatto capire l’importanza che le comunità virtuali, definiamole pure nazioni se vogliamo, possono avere sulla web-società. Anzi, in un certo senso servono. Serve un luogo comune, un qualcosa a cui appartenere.

Riflettendoci su mi diverto a pensare quali servizi uno stato virtuale possa offrire ai propri cittadini, come per esempio un sistema interno per il telelavoro, o supporto psicologico gratuito spacciato come sistema sanitario nazionale.
Sull’onda del fenomeno dei Bitcoin come moneta mondiale libera e indipendente è nata anche un’altra nazione virtuale, Bitnation.  Con il motto “governance 2.0”, Bitnation si basa su un sitema blockchain. Niente di veramente coinvolgente in realtà, è tutto ancora rimasto allo stato di progetto e tale si manterrà forse negli anni, al contempo però Bitnation è l’unico stato virtuale che dice di offrire immunità diplomatica ai propri cittadini. Bufala? Chissà. Intanto però servono 149 dollari per avere il passaporto.

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